Trilussa, la voce di Roma

Nella piazza che porta il suo nome, di lato quasi all’ombra, con sguardo sornione scruta una Roma che ormai non c’è più, come cantava Gabriella Ferri, ma che rivive nei suoi sonetti.

 Carlo Alberto Salustri, figlio di Vincenzo e della bolognese Carlotta Poldi, nasce a Roma il 26 ottobre del 1871. Nello stesso anno in cui la sua città, da lui visceralmente cantata, viene proclamata capitale d’Italia.

Autore di poesie, scritte rigorosamente in lingua romanesca, si firma utilizzando lo pseudonimo di Trilussa, anagramma del suo cognome. Con Gioachino Belli e Cesare Pascarella è il maggiore esponente della poesia dialettale romana, un triumvirato ideale che unisce i vari stili della poetica romanesca: dal purismo belliano a quello popolaresco di Pascarella, Trilussa fa da trait d’union con il suo stile “borghese” alla portata di tutti, anche per chi vive al di fuori delle mura Aureliane.

Arguto, sagace e satirico con la sua penna racconta la Roma e la classe politica italiana a cavallo tra il XIX e XX secolo, senza peli sulla lingua. Ricorre all’espediente delle favole, come Esopo e Fedro, per celare dietro animali parlanti ed oggetti, che con lui prendono vita, i vizi e le virtù della società contemporanea, I suoi bersagli preferiti sono i potenti, coloro che occupano i posti più privilegiati nella società: senatori, deputati, gerarchi fascisti durante il regime e clericali, ma come detto, non fa sconti neanche al popolo.

La satira politica non è l’unico oggetto dei suoi sonetti, ci ha lasciato anche componimenti scritti in chiave decadente e crepuscolare, e noi della Pro Loco di Roma per ricordare il centocinquantenario della sua nascita abbia scelto di riproporre proprio una poesia che si lega a quest’ultimo genere, Bolla de sapone. Un esempio della struggente e sensibile anima di Trilussa.

 

Bolla de Sapone
Lo sai ched’è la Bolla de Sapone?
L’astuccio trasparente d’un sospiro.
Uscita da la canna vola in giro,
sballottolata senza direzzione,
pe’ fasse cunnolà come se sia
dall’aria stessa che la porta via.
Una Farfalla bianca, un certo giorno,
ner vede quela palla cristallina
che rispecchiava come una vetrina
tutta la robba che ciaveva intorno,
j’ agnede incontro e la chiamò: — Sorella,
fammete rimirà! Quanto sei bella!
Er cielo, er mare, l’arberi, li fiori
pare che t’accompagnino ner volo:
e mentre rubbi, in un momento solo,
tutte le luci e tutti li colori,
te godi er monno e te ne vai tranquilla
ner sole che sbrilluccica e sfavilla. —
La Bolla de Sapone je rispose:
— So’ bella, sì, ma duro troppo poco.
La vita mia, che nasce per un gioco
come la maggior parte de le cose,
sta chiusa in una goccia… Tutto quanto
finisce in una lagrima de pianto.
Trilussa

Author: Pro Loco Roma

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