“Annà pe’ le sette chiese”

“Annà pe’ le sette chiese”, avrete sicuramente sentito questo modo di dire in voga a Roma, ma anche nel resto d’Italia con diverse declinazioni. La Pro Loco di Roma vi racconta da dove proviene questo proverbio.

Stampa delle tappe del pellegrinaggio delle sette chiese.

 

Roma è il centro della cristianità, qui ha sede il soglio pontificio, la città brulica di chiese, santuari e cappelle. I riti religiosi, le processioni e i pellegrinaggi sono così tanti che è impossibile contarli, ma c’era una particolare tradizione a cui i romani erano molto legati, tanto da impattare anche nel linguaggio comune.
Si tratta de “il pellegrinaggio delle sette chiese” (più semplicemente detto “ il giro”) e, a Roma, per indicare qualcuno alla ricerca di qualcosa, un consiglio, una direttiva, si suol dire : “annà pe’ le sette chiese”.
Ma in cosa consisteva questo speciale pellegrinaggio e da dove trae le sue origini?
La maggior parte dei riti e delle tradizioni cristiane si formano e canonizzano nel medioevo, anche il nostro pellegrinaggio muove i primi passi in quegli anni.
Era solito durante l’anno visitare le grandi basiliche romane per chiedere grazie o il perdono dei propri peccati. I Luoghi più gettonati erano le quattro basiliche papali: San Pietro in Vaticano, San Giovanni in Laterano, San Paolo fuori le mura e Santa Maria Maggiore all’Esquilino. Si sa, agli uomini del medioevo i numeri piacciono moltissimo, soprattutto per il loro significato escatologico. Alle quattro basiliche vengono aggiunte tre tappe, che vedremo in seguito, per un totale di sette chiese da visitare.


Ma perché proprio il numero sette? Iniziamo con il dire che è il numero mistico per eccellenza, lo troviamo nell’antico testamento citato più volte e anche nel nuovo. Sono sette i doni dello spirito santo, sette erano inizialmente le stazioni della via crucis. Ma il numero era importantissimo anche nella Roma pre-cristiana: basti pensare ai sette colli o ai mitici sette Re di Roma.
Il letterato Rinascimentale Pavinio però non crede ad una combinazione mistica delle sette chiese, bensì propone che nel tragitto originario tra le quattro basiliche papali non si poteva far a meno di visitare le altrettanto importanti chiese di San Sebastiano sull’Appia antica, Santa Croce in Gerusalemme e San Lorenzo fuori le mura.

Durante il periodo rinascimentale il “nostro giro” cade in disuso e riprenderà vigore solo nel XVI secolo con San Filippo Neri. Il Santo gesuita,

San Filippo Neri, grazie a lui l’usanza del pellegrinaggio delle sette chiese riprende vigore.

ancora prima di prendere i voti, era solito visitare i luoghi di culto romani per meditare. Dal 1552, anno del suo sacerdozio, promosse a tutti i suoi seguaci e ai fedeli il pellegrinaggio presso le sette chiese. Si svolgeva in due giorni, partendo da San Pietro e si proseguiva per la basilica di San Paolo, San Sebastiano, San Giovanni, Santa Croce, San Lorenzo e Santa Maria Maggiore. Per i religiosi della confraternita del Neri questa pratica aveva una cadenza settimanale mentre per tutti gli altri il pellegrinaggio assunse una cadenza annuale, nel periodo successivo al carnevale.

Col passare del tempo acquista sempre più popolarità: Papi come Pio V parteciperanno regolarmente e Sisto V ufficializza il pellegrinaggio con la bolla papale “Egregia populi Romani pietas”. Il momento clou del pellegrinaggio è il pranzo caritatevole che veniva svolto a metà tragitto nel giardino Mattei al Celio (oggi Villa Celimontana). Pranzo che col passare degli anni perde la sua vocazione pauperistica per trasformarsi in un gioviale banchetto tra fedeli tanto che il Belli, ai suoi tempi, lo definisce come “una baldoria di campagna”. Per evitare che degli intrusi partecipassero al pranzo  i fedeli erano dotati di un “bollettino” che attestava la loro partecipazione al pellegrinaggio.  

Basilica di San Pietro

La visita alle sette chiese continuerà anche dopo la morte di San Filippo Neri, nell’anno 1575, grazie alla congregazione dell’Oratorio.
A cavallo tra il XVIII e il XIX secolo, prima con l’entrata a Roma delle truppe napoleoniche poi con l’unificazione d’Italia e l’annessione di Roma, il pellegrinaggio fu abbandonato.
Naturalmente non scomparì dall’immaginario collettivo dei romani, nel corso del novecento si riprese l’usanza, non più come manifestazione popolare  ma a carattere più intimo e privato. 

 

 

 

 

 

 

Le stampe riprodotte nell’articolo sono prese dal saggio “La visita delle sette chiese” di Nica Fiori. Pubblicato nel periodico “Roma – Ieri, oggi, domani”, Periodici Locali Newton, Novembre 1992.

Author: Pro Loco Roma

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